Viaggio religioso in Calabria tra i Santuari e le chiese del Parco del Pollino, meta di pellegrinaggi.
I borghi del Parco Nazionale del Pollino vantano tantissimi edifici religiosi di antica costruzione: chiese, santuari e monasteri. La posizione di alcuni di essi li rende particolarmente interessanti come il Santuario della Madonna delle Armi, a Cerchiara di Calabria, la cui costruzione è poggiata su una parete rocciosa. La Chiesa di S. Maria di Costantinopoli, collocata sulla riva destra del fiume Lao, nel comune di Papasidero, in un ambiente di particolare bellezza dal punto di vista naturalistico.
A San Sosti, il Santuario della Madonna del Pettoruto, edificato da monaci dell'abbazia di Acquaformosa nel 1274 e ricostruito in seguito al terremoto del 1783. Il Santuario delle Cappelle a Laino Borgo, così chiamato per la presenza di quindici piccole cappelle. Tra le tante chiese da visitare a Morano Calabro, la quattrocentesca Chiesa di S. Bernardino, la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo che conserva al suo interno statue di Pietro Bernini e la Collegiata della Maddalena.
Altri edifici sacri nei borghi del Pollino: il Santuario di S. Maria della Consolazione di Rotonda, il Monastero basiliano di Santa Maria Odigitria di S. Basile, con al suo interno una Madonna Coronata del Trecento; il Monastero di S.Maria del Monte ad Acquaformosa.
La chiesa bizantina di S. Sofia a Papasidero e quella di SS. Apostoli Pietro e Paolo a Frascineto, la Cattedrale di S. Nicola di Mira, con la sua preziosa iconostasi, a Lungro.
In questa pagina presentiamo la descrizione di una piccola selezione di edifici religiosi nel Parco Nazionale del Pollino.
CHIESA PARROCCHIALE DI SANTA MARIA ASSUNTA
Esistente come cappella, da prima dell’arrivo degli albanesi, è stata ampliata e restaurata dal popolo di Frascineto nella seconda metà del XVIII secolo. Ulteriori interventi di abbellimento come stucchi e decorazioni di stelle e corone nuziali racchiusi in cerchi all’interno della chiesa si sono conclusi nel 1794 da Bernardo Pallisciano.
Altri interventi per l'adeguamento al rito greco-bizantino, furono effettuati nel 1946, quando l’olandese Girolamo Leusing arricchì l’iconostasio con tavole delle sacre immagini.
Di particolare interesse sono anche i quadri e le opere realizzate da Riccardo Turrà e dall’iconografo albanese Josif Droboniku.
La maestosa chiesa presenta all'interno l'altare tipico bizantino, sormontato da un baldacchino a cupola in muratura. Dedicata alla Madonna Assunta, la chiesa si presenta a croce latina ad unica navata, di stile barocco, con cupola molto grande e campanile caratteristico.
CHIESA DI SAN PIETRO E PAOLO
Risale al X secolo ed è stata retta da monaci basiliani fino al XVIII. Di stile bizantino a tre navate, con il particolare orientamento ad occidente, anziché ad oriente, il Monumento Nazionale si presenta con la parte absidale, la cupola e il presbiterio tipicamente bizantini, mentre la divisione delle navate è comune ad altri monumenti dell'Occidente cristiano.
Adiacente al cimitero del paese, la Chiesa di San Pietro, oggi chiusa al culto, presenta una particolareggiante cupola con calotta a gradoni concentrici, rastremati e coperti di tegole.
CHIESA DI SAN BASILIO MAGNO
Nel piccolo centro di Eianina, la chiesa in stile barocco, è orientata verso est cosi come vuole il rito bizantino. Risalente al XVIII secolo si caratterizza per la sua cupola esagonale, la facciata tripartita e il mosaico raffigurante S. Basilio sulla facciata del portale realizzato da Josif Droboniku. L’iconostasi e l’altare di stile bizantino sono stati eretti nel 1947 e in seguito le stesse sono state abbellite con icone realizzate dal pittore cretese Nikos Ianakàkis, dal Turrà e dal Droboniku.
CAPPELLA DI SANTA LUCIA
Si trova nel centro storico del paese e risale al XVI secolo. Per secoli è stata utilizzata come luogo sacro e nel 1973 è stata ristrutturata, riconsacrata e riaperta al pubblico dal vescovo di Lungro Mons. Giovanni Stamati. A croce latina e l’interno mononavato, si presenta in stile barocco.
Lavori di abbellimento sono stati eseguito negli anni ’90, per volontà del papàs Francesco Solano, consistenti nella costruzione di un iconostasi in marmo con fregi superiori e porte in legno. Le sacre immagini dell'iconostasio e il mosaico raffigurante Santa Lucia sulla facciata esterna della cappella sono state realizzate dall’iconografo Josif Droboniku.
Testo: comune.frascineto.cs.it
Il santuario di Santa Maria delle Armi (XV-XVI) testimonianza significativa di arte rinascimentale era luogo di culto già nel X secolo, infatti l'attuale santuario occupa un antico luogo monastico di origine bizantina, provano i reperti risalenti a quel secolo rinvenuti in grotte rupestri del monte Sellaro, proprio dove trovarono rifugio i monaci anacoreti, per sfuggire alla persecuzione della chiesa romana ma soprattutto per vivere in rigoroso ascetismo.
La sua costruzione cominciò nel 1440 quando nel medesimo luogo proprio in una di queste grotte furono ritrovate alcune tavolette bizantine, tra le più antiche mai rinvenute e l'immagine della Beata Vergine delle Armi (dal greco ton armòn della grotta), da cui il Santuario prende il nome. Nei pressi dello stesso si trovano i ruderi del monastero di Sant'Andrea.
Il santuario è composto da un complesso di edifici allineati contro la parete della montagna all'estrema destra c'è la chiesa che si incunea per diversi metri nel vivo della roccia. Accedendo al santuario si passa tra due edifici a sinistra il palazzo del duca con ampie sale che ospitano le personalità che intervengono a feste annuali, a destra l'antico ospizio dei pellegrini ora adibito ad abitazione del custode.
Allineati a questa fabbrica ne seguono altre due di diverse dimensioni adibiti ad abitazioni delle orfanelle e del personale, oltrepassati questi edifici si arriva ad un piccolo porticato rettangolare, una loggia costruita sulla roccia da cui si gode di una splendida visuale sulla costa ionica.
L'interno della chiesa è a forma bizantina a pianta a croce latina ma con bracci di forma disuguale.
Comprende un corpo principale: la navata, una cappellina absidale di fronte all'altare maggiore, una grande cappella a sinistra e un corpo più grande a destra da cui si accede alla sagrestia piuttosto piccola.
Vicino la porta c'è l'acquasantiera in pietra. Al lato destro dell'altare maggiore due rampe di quattro scalini portano alla grotta nella quale secondo la tradizione sono state ritrovate dai cacciatori le tavolette delle icone bizantine.
La cappella gentilizia dei Pignatelli completa la parte sinistra della chiesa. Essa è stata costruita a scopo funerario, perché sotto il pavimento venivano seppelliti i loro resti mortali.
Il Santuario della Madonna di Costantinopoli, risalente al XVII secolo, è collocato sulla riva destra del fiume Lao, nel comune di Papasidero, in un ambiente di particolare bellezza dal punto di vista naturalistico. La struttura del santuario ha una pianta a T, tre navate e tre campate formate da archi a tutto sesto che poggiano su pilastri quadrati.
Sui due lati più lunghi, sono presenti tre finestroni tribolati per parte. Il campanile è a base quadrata e cuspide a piramide, dietro di esso resistono parti di un antico affresco di discrete dimensioni.
La chiesa è raggiungibile attraversando un ponte costruito, nel 1904, da Nicola Dario sopra la campata di uno medievale anticamente denominato ponte della Rognosa. L'antico nome del ponte fa pensare alla presenza, nell'area dove ora sorge il Santuario, di una chiesetta di origine tardomedioevale di cui è riprodotta la struttura nell'affresco della Vergine custodito nella cappella di S. Sofia.
Nell'opera muraria è visibile un edificio a navata unica che, durante l'epidemia del 1656, venne usata come lazzaretto, poiché si trovava fuori dal perimetro urbano. Il termine Rognosa viene associato alla pestilenza che afflisse l'abitato.
La pestilenza del 1656 portò gli abitanti di Papasidero ad attribuire, mediante un'assemblea popolare, alla Vergine di Costantinopoli il patronato cittadino al posto di San Rocco, a cui fu conferito il titolo di compatrono. In conseguenza di ciò il primitivo edificio venne ampliato. Dal 1679 fu fatto un primo ingrandimento, seguirono altri rimaneggiamenti sulla fine del Settecento e nella prima parte dell'Ottocento.
All'interno del santuario si conserva un affresco di circa mt. 2×3 sulla parete rocciosa di fronte all'altare che va datato alla seconda metà del XVII secolo. Nell'opera si riconoscono tre fasi ben distinte. La prima fase ha visto l'esecuzione della Vergine in trono col Bambino sul ginocchio sinistro e l'Arcangelo Michele vestito di corazza nell' atto di trafiggere con la lancia il diavolo emergente dalle fiamme ( queste due ultime figure sono emerse con i restauri del 1983).
La seconda fase, opera di altra mano, comprende il Vescovo genuflesso a destra della Vergine.
La terza fase, di fattura ottocentesca, è relativa a due angeli che sovrastano un grande arco gotico contemporaneo alla prima fase e racchiudente tutto il gruppo.
Tutte le figure presenti nell'affresco fanno parte di una corrente iconografica della pittura controriformista meridionale che associava alla Madonna di Costantinopoli, l'Arcangelo Michele come espressione "della teologia del controllo del cielo su Satana" e il Vescovo "simbolo del potere e della gloria del sacerdozio gerarchico". Questa tipologia di iconografia è ricca di evocazioni della religiosità bizantina.
Oltre all'affresco descritto, alle statue in gesso della Madonna e di S. Emidio, di fronte all'altare, un soppalco in legno che sostiene un organo antico intorno a cui si radunava il coro in occasione della celebrazione delle messe solenni.
Bibliografia:
– Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata. S. Napolitano Il basilianesimo in età bassomedioevale e moderna nella regione monastica del Mercurion.
– S. Napolitano e Giuseppina Grisolia: Il Paese grigio, Magarò Editore- Bordighera.
I ruderi del santuario della Madonna degli Aramei o delle Armi, meglio conosciuto come santuario della Madonna di Lassù o Shën Mëria Këtje Lartë, dall'idioma albanese ancora in uso tra la minoranza etnica locale, si trovano poco sopra l'abitato di Ejanina a nord di Frascineto.
Il santuario, risalente al X-XI secolo, è incavato tra le rocce del Timpone del Corvo ad una altitudine di 850 metri.
Originariamente, tra le mura dell'edificio, vi erano una serie di celle utilizzate come asceteri dai monaci basiliani del monastero di San Pietro dove si ritiravano in penitenza o per dedicarsi alla vita contemplativa.
Il Monastero di Colloreto è un antico monastero agostiniano, attualmente allo stato di rudere, si trova a 7 Km circa dall'abitato di Morano Calabro, in un'area boscosa alle falde del monte Pollino. La sua etimologia sembra derivi da "Colle Loreto" in onore della Vergine di Loreto o da "colorito", termine che ne designerebbe la ridente posizione.
Fondato nel 1546 da frà Bernardo da Rogliano, il quale sconcertato dal malcostume in cui versava il clero di ritorno da una visita a Loreto e Roma, si ritirò a Morano abbracciando la regola di Sant'Agostino. Al suo seguito si aggiunsero altri religiosi che costruirono il monastero, grazie alla beneficenza di munifiche elargizioni tributate dai fedeli e dalla nobiltà locale fra i quali ricordiamo la principessa Erina Kastriota Skanderberg, moglie del feudatario Pietro Antonio Sanseverino.
La Congregazione degli Eremitani di Colloreto, riconosciuta ufficialmente nel 1604, divenuta molto potente e facoltosa, col tempo venne soppressa nel 1751 e poi definitivamente nel 1809, con le leggi di Gioacchino Murat che prevedevano l'abolizione dei monasteri e di tutti gli altri ordini religiosi.
L'edificio, così come è ancora visibile appare fortificato con un torrione, e fino ai primi dell'800 anche i suoi interni dovevano apparire sontuosi e ricchi di opere artistiche, ora disseminate nelle chiese cittadine.
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